CONDONO EDILIZIO: NON SI PUO’ DEMOLIRE A POSTERIORI UN ABUSO PER OTTENERE LA SANATORIA

Cassazione: cercare di demolire a posteriori una parte di abuso edilizio per ottenere la sanatoria non solo non serve a nulla, ma rappresenta un ulteriore abuso. La normativa edilizia prevede una sola possibilità di ottenere la sanatoria di eventuali difformità edilizie: l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) che passa dal concetto di conformità dell’opera alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso, sia al momento della presentazione della domanda di regolarizzazione (cosiddetti abusi formali). In tema di abusi e gestione delle difformità, occorre fare molta attenzione perché in Italia dal 1985 si sono susseguite tre leggi speciali che hanno disposto la sanatoria edilizia di opere realizzate senza autorizzazione o in difformità dalle stesse (il condono edilizio degli abusi sostanziali).

Le tre leggi sul condono hanno anche stabilito precise finestre temporali, requisiti e adempimenti. Con la sentenza n. 32267 del 2 settembre 2022 (allegata alla presente) la Corte di Cassazione penale ha nuovamente sviscerato alcuni aspetti, che rendono restrittive le attività di sanatoria per sanare gli illeciti. La Suprema Corte  ha rigettato un ricorso partendo dalla consulenza tecnica effettuata nel 2020 dal pubblico ministero, con la quale era stato accertato che i manufatti oggetto dell’ordine di demolizione e dell’unica domanda di condono presentata avevano volume pari a 1.160 mc., cubatura superiore a quella di 750 mc. prevista come limite di sanabilità delle opere abusive dalla legge 724/1994 (Secondo condono edilizio), ai sensi della quale l’istanza era stata avanzata (l’art. 39 comma 1 della legge 724/1994 consente infatti il condono delle «nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria»).

Quanto alla circostanza che, successivamente al sopralluogo del 2020 da parte del consulente tecnico, sarebbero stati demoliti alcuni manufatti abusivi, riportando così la volumetria nei limiti della condonabilità, la Cassazione spiega che è irrilevante, poiché come da principio ormai consolidato, in tema di condono edilizio, la volumetria eccedente i limiti previsti dall’art. 39 della legge 724/1994, ai fini della condonabilità delle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 non è suscettibile di riduzione mediante demolizione eseguita successivamente allo spirare di detto termine, integrando la stessa un intervento, oltre che di per sé abusivo, volto ad eludere la disciplina di legge (Sez. 3, n. 43933 del 14/10/2021).

Pertanto demolire a posteriori una parte di abuso edilizio per ottenere la sanatoria non solo non serve a nulla, ma rappresenta un ulteriore abuso.

Nella stessa Sentenza è stato inoltre sottolineato che, successivamente alla presentazione della domanda di condono, i ricorrenti avevano eseguito sui manufatti oggetto dell’ordine di demolizione (non ancora demoliti) ulteriori interventi abusivi, trasformando tre unità a destinazione originariamente non residenziale in immobili con destinazione abitativa. In tal senso, l’ordinanza ha correttamente ritenuto che, quand’anche avesse esito favorevole il ricorso giurisdizionale amministrativo pendente avverso il provvedimento con cui il Comune aveva rigettato la domanda di sanatoria ordinaria concernente la modifica della destinazione d’uso i per ritenuta non conformità alla disciplina edilizia concernente i requisiti di illuminazione naturale, ciò non spiegherebbe alcun effetto sull’esito della sanatoria straordinaria, comunque non accoglibile per originaria inammissibilità.

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